• Pane industriale e sua storia - prima parte

    di Ross H. Hall

    In quest'epoca il pubblico ha cominciato ad essere consapevole che la tecnologia può avere effetti nefasti. Una delle reazioni a tale consapevolezza è stata il formarsi di gruppi di cittadini per valutare, investigare e perfino bloccare alcuni innovazioni tecnologiche. Le tecnologie contro le quali la gente ha reagito sono state quelle visibili – una nuova diga, un'autostrada, un pesticida. Tuttavia ci sono numerose tecnologie nascoste sulle quali il pubblico è male informato. La loro influenza sulla nostra salute e sul futuro della societĂ  può essere piĂą profonda di quella di qualunque autostrada. In questo brano tratto da Food for Nought: The Decline of Nutrition, Harper and Row, 1974 (Cibo da nulla: il declino della nutrizione) Ross Hall dimostra come la domanda di pane morbido, bianco, "raffinato" abbia trasformato il pilastro della vita in un'imitazione piena di additivi chimici e vuota di sostanze nutritive.

    La meccanizzazione della panificazione
    La rivoluzione industriale dell'Ottocento è stata una rivoluzione meccanica, cioè delle tecniche ingegneristiche, abbinata ad una rivoluzione nei metodi di organizzazione del lavoro e della conoscenza, il tutto esclusivamente allo scopo di produrre di più. In questo periodo le scienze fisiche si sono sviluppate rapidamente e le nuove conoscenze hanno senz'altro contribuito ai rapidi progressi della tecnologia. L'Ottocento ha anche visto la nascita delle scienze della vita, la biologia, la biochimica, la microbiologia nelle loro forme moderne; ma le principali conseguenze sulla società di queste conoscenze sarebbero venute nel ventesimo secolo. L'eredità dell'Ottocento, in termini di meccanizzazione della trasformazione alimentare, resta anche negli obiettivi che una società meccanizzata ha sposato. Possiamo acquisire una considerevole comprensione della natura delle trasformazioni alimentari di oggi esaminando il processo di meccanizzazione e i cambiamenti d'atteggiamento che hanno accompagnato questo processo.
    La meccanizzazione della produzione alimentare è inseparabile dal resto resto dell'industrializzazione dell'Ottocento. L'esodo della gente dalle campagne alle cittĂ  industriali, per esempio, ha potuto realizzarsi solo grazie alla disponibilitĂ  di cibo facilmente trasportabile, immagazzinabile e commerciabile. Il pane è diventato il sostentamento delle classi lavoratrici piĂą povere che stavano alle macchine, e non è strano che la meccanizzazione dei mulini e della panificazione sia avvenuta presto nella Rivoluzione Industriale. Una delle prime catene di montaggio fu messa in piedi dalla Marina Britannica nel 1833 per fabbricare biscotti e gallette per le navi. Le tre fasi della moderna panificazione di massa – impasto, lavorazione, modellatura – furono 
    combinate in una sola linea di produzione. Da questo momento in poi, la tecnologia della panificazione meccanica ebbe una rapida evoluzione, e prima della metĂ  del secolo entrarono in funzione forni automatici, impastatrici meccaniche e altre invenzioni. All'inizio del 1900, erano state giĂ  inventate tutte le tecnologie in uso ancora oggi parte dell'industria panificatoria.

    I mulini a cilindri
    La meccanizzazione della panificazione fu accompagnata da cambiamenti rivoluzionari nella macinazione del frumento. La macina di pietra rotante diventò obsoleta quando fu introdotta l'invenzione di schiacciare e frantumare il grano fra coppie di rulli. Questa tecnica comparve per la prima volta in Ungheria nel 1839, e nel 1890 si era evoluta (in Gran Bretagna e Nord America) nell'attuale mulino completamente automatizzato. La nuova tecnologia toglieva efficacemente la crusca e il germe, lasciand solo l'endosperma amidaceo nella forma di una farina bianca, molto raffinata.
    La dieta standard della classe operaia britannica dell'Ottocento divenne pane bianco, burro, marmellata e tè. Il deterioramento delle condizioni fisiche e della salute in genere delle masse britanniche diventò particolarmente evidente ai tempi della Guerra dei Boeri (1899). La taglia fisica e la salute di gran parte delle reclute erano notevolmente inferiori rispetto a quelle della gioventù britannica reclutatat nell'esercito durante le guerre napoleoniche 100 anni prima.

    La resistenza degli europei al pane industriale
    Anche se la tecnica di macinazione moderna fu accettata dagli Europei e dai nordamericani, gli europei del continente non hanno mai accettato il pane industriale prodotto dai grandi impianti automatizzati. Fare il pane è ancora una prerogativa del piccolo fornaio e il risultato è la varietà della qualità e del gusto. In Nord America, d'altra parte, la panificazione automatizzata è stata perfezionata, e attualmente sono in fuzione in Canada e degli Stati Uniti impianti capaci di produrre 250.000 pagnotte identiche al giorno.

    La farina come materia prima dela tecnologia chimica
    Sin dai tempi dei Romani i fornai notarono che tenere in magazzino la farina per qualche mese ha due effetti: diventa piĂą bianca e le sue proprietĂ  in cottura migliorano (maturazione). Ora sappiamo che con l'esposizione all'aria i pigmenti gialli naturali si ossidano in prodotti incolori e le molecole proteiche sono soggette a cambiamenti, sebbene questi cambiamenti non siano pientamente compresi. I pigmenti come il carotene, se lasciati nella farina, sono trasformati in vitamina A dall'uomo e l'intera gabbia proteica diventa piĂą rigida. Ulteriori reazioni ossidative si verificano anche nelle molecole oleiche e dell'amido.
    Dal punto di vista ei fornai, questi effetti sono molto desiderabili, ma il tempo di magazzinaggio aumenta i costi di lavorazione. Al volgere del secolo le industrie molitorie scoprirono che tutti questi effetti potevano essere ottenuti instantaneamente mediante ossidazione con tricloruro di azoto (agene) o cloro gassoso, prodotti in quantitĂ  dall'industria chimica. La tecnica era falsamente semplice. Il gas candeggiante veniva soffiato nella farina mente cadeva dai sacchi.

    Gli ossidanti chimici sono piĂą dannosi della candeggina
    Il cloro gassoso non solo candeggia e fa maturare la farina, ma reagisce con altre molecole - in effetti restano nella farina molti composti lipidici clorurati, come l'acido discorostearico. La tossicitĂ  di questi lipidi innaturali fu sperimentata dandoli da mangiare a quattro generazioni di ratti. Non risultarono tossici, secondo i parametri usati. Nonostante l'esperienza fatta con l'agene, i ricercatori studiarono la tossicitĂ  dei lipidi clorurati da soli piuttosto che verificare la farina clorurata. L'agene (tricloruro di azoto) era stato usato in quantitĂ  enormi per 41 anni prima che venisse fatta una significativa indagine tossicologica. Finalmente, nel 1946, Sir Edward Mellanby diede da mangiare della farina trattata con agene a dei cani e notĂ  che sviluppavano l'isteria. L'uso dell'agene fu interrotto, ma il candeggio e la maturazione della farina con il cloro, con il biossido di cloro e con altri composti chimici, continua.
    L'industria è interessata a ottenere solo lo sbiancamento e l'irrigidimento. Non si preoccupa minimamente delle tante conseguenze che questa chimica aggressiva ha sulle molecole complesse della farina. Si conosce molto poco su tali aspetti perché la scienza non ha ritenuto importante investigarli nel dettaglio. Mentre sbianca e matura la farina, il tricloruro di azoto reagisce con i residui di metionina nella proteina, formando solfossimina di metionina. Questo composto provoca attacchi nervosi simili all'epilessia.
    Anche il cloro e il biossido di cloro sbiancano e maturano la farina, ma il cloro distrugge una parte notevole della vitamina E, e ossida i residui di metionina nella proteina, formando solfossido di metionina. Nonostante questi evidenti effetti chimici multipli, le autoritĂ  non si sono sentite in dovere di studiare gli effetti sugli esseri umani di un'alimentazione con farina trattata.
    Non tutti gli ossidanti chimici sbiancano e maturano la farina. Il biossido di azoto e il perossido di benzoile sbiancano solamente. Il bromato di potassio, lo iodato di potassio e l'azocarbammide non sbiancano ma fanno maturare. Tutti questi agenti chimici sono usati regolarmente in Nord America. Sembra esserci poca informazione sulle loro conseguenze sulla farina a parte cambiarne le proprietà per adeguarsi ai criteri dei fornai. Non tutti i paesi sono così tolleranti verso trasformazioni non analizzate; la Germania ha vietato l'uso degli ossidanti chimici nel 1958.

    Gli obiettivi dell'industria molitoria dell'Ottocento
    Gli imprenditori dell'industria molitoria ottocentesca volevano ottenere un prodotto consistente con buone proprietà di conservazione. Non sembra che gli antichi Romani e Greci avessero separato i processi della macinazione e della panificazione, ma la tecnologia dell'Ottocento divide i due processi in eventi temporalmente separati. In altre parole, il prodotto dell'industria molitoria non doveva essere utilizzato immediatamente dal fornaio, alleviando così la pressione sulla distribuzione e lasciando spazio per una pianificazione più tranquilla. Mentre questo può aver avuto senso nell'Ottocento, i sofisticati metodi di pianificazione e programmazione della tecnologia attuale fanno superare la necessità della separazione temporale. Ma l'industria molitoria di oggi cita ancora l'obiettivo ottocentesco di un lungo periodo di magazzinaggio come il motivo principale per una raffinazione così spinta della farina. La farina è chiaramente raffinata per molte ragioni, ma la ragione sopra citata illustra l'anomalia di un obiettivo immutato a fronte di una tecnologia in cambiamento e, più importante di ciò, di una società in cambiamento.
    Il germe del grano contiene olii, di conseguenza la farina integrale tende ad irrancidire se immagazzinata (gli oli si ossidano dando acidi che producono il caratteristico odore di rancido). Gli strati del germe e dell'aleurone contengono inoltre la maggior parte del valore nutritivo del grano, e la farina integrale attrae insetti e roditori alla ricerca di una fonte di cibo. Il problema tecnico era quindi chiaro per il mugnaio del diciannovesimo secolo - aumentare la vita di scaffale e ridurre l'infestazione della farina immagazzinata, eliminando completamente con la macinazione meccanica le componenti del germe e dell'aleurone. La meccanizzazione della panificazione favoriva enormemente l'uniformità dei prodotti in tutte le fasi, perciò i processi meccanici di macinazione e panificazione automatica furono costantemente aggiustati e raffinati per raggiungere questi obiettivi.
    Non si possono assolvere i mugnai dell'Ottocento per aver definito il problema in questo modo solo perché non sapevano nulla delle vitamine e degli acidi grassi essenziali. Dopo tutto, gli antichi Romani si erano resi conto che c'era differenza nutritiva fra il pane bianco e quello nero. Inoltre, intorno al 1820 il fisiologo francese Francois Magendie riportò che i cani alimentati con pane nero grezzo vivevano a lungo in buona salute, ma deperivano e morivano in meno di due mesi se alimentati con pane fatto con farina bianca raffinata. I suoi esperimenti furono registrati ne giornale medico britannico The Lancet dell'11 marzo 1826: "Un cane alimentato con pane bianco raffinato e acqua, entrambi a volontà, non vive oltre il 50esimo giorno. Un cane alimentato con il pane grezzo dei militari, vive e si mantiene in salute".